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Piantala coi dati vertical farming nella rivoluzione AgriTech | Duccio Piovani

Io sono laureato in fisica e ho un dottorato in matematica applicata ma da qualche anno come potete vedere in questa immagine passo le mie giornate circondato da foglie di insalata, di basilico e di erbe aromatiche in una vertical farm alle porte di Milano.

La cosa può sembrare strana ma, grazie a tecnologie sempre più efficaci e soprattutto facili da usare, è diventato molto comune trovare matematici, fisici e ingegneri alle prese con problemi di agricoltura nel tentativo di usare tutti i poteri della matematica e del metodo scientifico per aggiustare un mondo, l’agricoltura, che ha un terribile bisogno di innovazione.

Ma facciamo un passo indietro.
Che cos’è una vertical farm?
Quanti di voi qui dentro lo sanno? Per favore alzate le mani. Uno, due, tre.
Oh, Madonna mia, nessuno!
Allora evidentemente è importante.
Piano piano ci arriviamo.

Intanto facciamo insieme qualche passo indietro nel tempo e poco nello spazio.
Infatti, a pochi passi da questo cinema, qualche anno fa, Galileo ha formulato il metodo scientifico. Ha definito la matematica come il linguaggio con cui è scritto il nostro mondo.
Da quel momento, raccogliere dati e poterli analizzare ed interpretare matematicamente ha rivoluzionato ogni campo in cui questo è stato possibile.
Inoltre, gli ultimi dieci anni hanno visto un’esplosione esponenziale di dati in ogni ambito delle nostre vite ed il metodo scientifico e un approccio quantitativo si sono infiltrati in ogni ambito delle nostre vite.
Oggi studiamo il cervello con la matematica.
Studiamo il nostro DNA.
Studiamo il traffico.
Studiamo la diffusione di un virus e valutiamo l’efficacia delle politiche di contenimento. Anche il famoso Rt, che ormai conosciamo tutti e col quale si dava il colore alle regioni durante la pandemia che per fortuna sta finendo, esce fuori da un modello matematico e dalla minuziosa raccolta di dati sul contagio.
Insomma, la matematica sta arrivando un po’ ovunque.
Questa diffusione di dati ha dato vita ad una nuova richiestissima figura, quella del data scientist, considerato, non da me ma dalla Harvard Business Review, il mestiere più sexy del mondo. Il data scientist è una figura ibrida a metà strada tra un matematico e un informatico. Si dice che un data scientist debba saper programmare meglio di un matematico ma debba conoscere la matematica meglio di un informatico. Avendone conosciuti molti, posso dirvi che è vero anche l’opposto, ovvero i data scientist conoscono la matematica peggio dei matematici e programmano peggio degli informatici.
È una figura ibrida, non si può avere tutto.
In linea teorica un data scientist può lavorare senza nessuna conoscenza specifica del campo ma semplicemente analizzando i dati, sviluppando algoritmi e analizzando i risultati dei propri algoritmi. Dico ancora una volta in linea teorica perché questo è come passo le mie giornate, con le mani nelle insalate, e, anche se, gli algoritmi e i dati sicuramente possono aiutarci purtroppo da soli non bastano. Purtroppo, o per fortuna.
Ora, la domanda che vi state tutti chiedendo, lecitamente è: ma veramente servono i data scientist per fare le insalate o comunque per produrre il cibo che mangiamo?
La risposta è sì!
Il motivo lo vedete dietro alle mie spalle.

Infatti, l’agricoltura oggi è estremamente inefficiente.
Il 70% del consumo idrico mondiale dell’uomo è a causa dell’agricoltura. Questo vuol dire che ogni 10 litri d’acqua consumati dall’uomo 7 sono dedicati ad attività agricole.
Il 17% della CO2 è emessa per attività agricole e 10 milioni di ettari tra boschi e foreste spariscono ogni anno per fare spazio a terreni agricoli.
Per mettere le cose in prospettiva, quello è il Brasile, nel 2050 avremo bisogno di un terreno agricolo in più rispetto a quello attuale pari alla superficie del Brasile per soddisfare la richiesta di cibo.
Mi sembra chiaro che dobbiamo agire e dobbiamo agire in fretta se non si vuole andare incontro ad una vera e propria crisi alimentare.
Questo è il mondo in cui entra il vertical farming che finalmente dopo cinque minuti vi definisco. Un mondo sempre più tecnologico con sempre più dati in cui però l’agricoltura fatica a stare al passo con la crescita demografica o comunque fatica a farlo in maniera sostenibile.
Questa è un’immagine della nostra farm, una vertical farm.
Il vertical farming è una tecnica di coltivazione indoor, al chiuso, che si sviluppa in verticale da cui il nome vertical.

I LED dei livelli successivi, nei livelli superiori, illuminano le insalate dei livelli inferiori. Ho dimenticato di dire che la sua particolarità è che al posto del sole si usano dei LED per stimolare la fotosintesi nelle piante. Quelli che vedete nell’immagine sono tavoli di crescita che scivolano dentro e fuori i vari livelli. Dentro con le piante appena germogliate e fuori quando queste sono pronte per essere raccolte.
Rappresenta una delle realtà più eclatanti del mondo dell’agricoltura, genera un’enorme attrazione in campo scientifico, in campo mediatico e crescono le start-up che ottengono finanziamenti importanti ed investitori pronti ad investirci.
Noi siamo una realtà piccola e non abbiamo un ufficio stampa ma nonostante questo siamo stati coperti di attenzione mediatica di tutti i tipi.
Quei due splendidi adoni che vedete raffigurati dentro una delle nostre celle di crescita sono i nostri due fondatori, due miei grandi amici, Benjamin e Pierluigi, immortalati da un’importante rivista di moda che si era interessata alle nostre attività.
Sembra strano ma anche la moda si sta interessando al vertical farming.
Vi volevo anche rassicurare, di solito in ufficio loro sono piuttosto così.
Se tutta questa attenzione fa ovviamente piacere però genera anche molto rumore e le cose che si leggono sono tante e spesso sbagliate.
Facciamo un po’ di chiarezza.
I pro: dall’uso dei LED nasce il fatto che si può produrre dove si vuole, quindi non più in campagna e in terreni agricoli. Si può produrre anche direttamente vicino alla domanda di consumo. Produzione e consumo si avvicinano, i prodotti sono a chilometro zero e quindi risparmiamo preziosi chilometri di trasporto. Inoltre, il risparmio idrico è enorme. Abbiamo un sistema di irrigazione a circuito chiuso per cui ad ogni ciclo d’irrigazione tutta l’acqua che non viene usata dalle piante rifiltra dentro pronta per essere riusata al prossimo ciclo.
Il risparmio idrico è stimato intorno al 95%. In un mondo in cui l’acqua scarseggia e soprattutto in paesi dove ce n’è poca e dove le temperature sono molto rigide questa è una qualità estremamente importante. Inoltre, dal fatto che siamo in un ambiente chiuso e controllato possiamo fare a meno di uso di pesticidi. Il risparmio di suolo usando ovviamente la terza dimensione mi pare evidente. Insomma, il vertical farming promette di fornire le città con verdure fresche a chilometro zero senza pesticidi e promette di farlo con una frazione dell’acqua. Vediamo le limitazioni perché dai grandi vantaggi che derivano dall’uso dei LED derivano anche tutte le limitazioni e infatti ci priviamo della fonte di energia più fica del mondo: il sole.
Il sole è meraviglioso, pulito, non emette CO2 ed è gratis, mentre i LED vanno alimentati con elettricità che spesso è inquinante (o almeno per il momento lo è sperando che nel futuro sia più pulita) e soprattutto costa. Quindi è infattibile economicamente generare tutte quelle verdure e quelle piante che sono alla base delle nostre diete ad alto contenuto calorico. Il vertical farming vi rassicuro non sostituirà l’agricoltura, non sfamerà il mondo, almeno non nei prossimi anni. Immaginate chi di voi sarebbe disposto a pagare un pomodoro 50 € solo perché è fatto consumando meno acqua? Probabilmente nessuno.
Allora vi chiederete perché stai qua a parlarci del vertical farming da dieci minuti?
e perché passi le tue giornate da anni a cercare di ottimizzare e migliorare questa tecnica? Vediamolo insieme!
Il vertical farming ha delle proprietà che nessun’altra tecnica ha.
Possiamo controllare dall’inizio alla fine tutti i parametri di crescita delle piante: la temperatura della stanza, l’umidità, i cicli di irrigazione, possiamo controllare l’intensità luminosa e la lunghezza d’onda dei LED. Abbiamo imparato che luci diverse hanno effetti diversi su diverse piante e questo vuol dire che abbiamo un controllo assoluto.
Il sole non possiamo mai spegnerlo né accenderlo.
Noi possiamo spegnere e riaccendere i LED.
La temperatura in campo non si può abbassare d’estate, né alzare d’inverno.
Non si può interrompere un temporale, non si può dare acqua se non ce n’è.
Noi nel nostro micromondo possiamo fare tutte queste cose.
Abbiamo un controllo assoluto.
Possiamo generare condizioni di crescita mai viste, sperando di indurre proprietà nuove nelle piante. Chiaramente le possibilità sono tantissime e navigarle tutte è difficile ed è qui che entrano in gioco i dati e la matematica.
Infatti, solo raccogliendo tantissimi dati su tutti gli aspetti della crescita è possibile capire quali siano i fattori importanti, quali sia la loro relazione ed escludere gli altri dagli esperimenti o dalle sperimentazioni. La matematica è un faro che ci aiuta a navigare questo mare di possibilità.
Convinti di questa cosa abbiamo costruito un vero e proprio gemello digitale del nostro impianto in gergo si dice digital twin. Abbiamo ricostruito la struttura fisica dell’impianto e per ogni tavolo di crescita che sia mai uscito dal nostro impianto produttivo noi sappiamo quanto pesa, quali fossero le specie, conosciamo la presenza di eventuali patogeni, abbiamo un rapporto di qualità fatto dai nostri agronomi e sappiamo qual era il substrato e quante volte è stato irrigato, quali sono stati i nutrienti usati. Sappiamo la sua altezza. Grazie a sensori IoT, IoT vuol dire Internet of Things, con piccoli modem dentro che comunicano i dati wireless abbiamo riempito la farm di sensori di temperatura, CO2 e umidità. Inoltre, abbiamo costruito una piattaforma di fenotipizzazione non invasiva. Non vi spaventate, fenotipizzare vuol dire descrivere, non invasiva vuol dire farlo in maniera non invasiva quindi senza disturbare le piante, senza falsare i risultati di un esperimento. Per farlo usiamo telecamere che non toccano mai le piante, seguiamo la crescita delle piante tramite queste telecamere e diamo in pasto le immagini a degli algoritmi di Deep Learning, la cosiddetta intelligenza artificiale, che abbiamo addestrato precedentemente a riconoscere che cos’è una foglia. Riusciamo quindi, senza toccare, a capire dove sono le foglie. Sovrapponendo poi queste coordinate in pixel, senza entrare troppo in dettagli sui sensori di profondità, riusciamo poi a ricostruire digitalmente le foglie.
Signore e signori, le foglie digitali!
Una volta che abbiamo ricostruito la foglia digitalmente possiamo estrarne importanti proprietà morfologiche, quindi l’altezza, l’area, la superficie e altre proprietà geometriche. Questo lo possiamo fare su larga scala. Manualmente vi rendete conto sarebbe impossibile perché dovremmo manualmente misurare con dei righelli, non so come queste cose, e soprattutto ci si impiegherebbero dei giorni e sarebbe impossibile. Finiremo sicuramente per turbare in qualche modo la crescita rendendo l’esperimento inutile. Inoltre, studiamo le piante anche con delle immagini iperspettrali, solamente perché ci piace guardare questo tipo di immagini, perché sono molto belle. Questa è un’immagine infrarosso, un’immagine iperspettrale racconta una storia molto più ricca della pianta, dice quanta acqua c’è, quanta radiazione c’ha nell’infrarosso.
Se noi riuscissimo a imparare a leggere bene questo tipo di alfabeto saremo in grado poi di sostituire lunghe e costose analisi di laboratorio semplicemente come un’immagine. Non voglio annoiarvi con i dettagli perché il punto è questo: in una vertical farm ed in generale anche in agricoltura è possibile prendere tanti dati. Le immagini si aggiungono ai dati sull’irrigazione che si aggiungono ai dati sul peso che si aggiungono ai dati sulla qualità che si aggiungono ai dati dei nutrienti che si aggiungono a layer su layer su layer di dati.
Fino a pochi anni fa tutto questo non era possibile.
Tutti questi dati noi li prendiamo, li centralizziamo in un unico database in cui vengono strutturati, messi in relazione grazie agli sviluppi delle piattaforme cloud. Con una connessione ad internet abbiamo un database stabile, sicuro, dove i dati non vengono persi e dove sono pronti ad essere interrogati in qualunque momento. Questo dà vita ad un nuovo tipo di agricoltura, un’agricoltura data-driven dove i sensori, l’osservazione umana, gli algoritmi predittivi generano dati che vengono rielaborati matematicamente proprio come ci ha insegnato Galileo che danno vita a nuove condizioni di crescita che a loro volta generano altri dati che generano altre informazioni e così via in nuove iterazioni di questo circolo virtuoso di ottimizzazione.
Concludo anche se di cose da dire ce ne sarebbero tantissime. Abbiamo visto che grazie a tanti progressi in tanti campi diversi oggi anche in agricoltura è possibile prendere dati in maniera abbastanza facile. L’agricoltura oggi com’è non ci sfamerà nel 2050. Non ci sarebbero più boschi. Sarebbe troppo inquinante.
Abbiamo un bisogno tremendo di innovazione.
Noi pensiamo che i dati possano avere un ruolo centrale in questa innovazione, in questa rivoluzione e finalmente possiamo usare gli algoritmi che con tanto successo riescono a consigliarvi il prodotto da comprare o il video da vedere o l’amico da likare, questi algoritmi usati per darvi il messaggio personalizzato fatto apposta su misura sui vostri gusti noi li possiamo usare per conoscere le piante e creare su misura una ricetta che ottimizzi la loro crescita.
Quindi come sarà il 2050?
Quale sarà il ruolo della matematica e dei dati?
Stiamo vedendo che il metodo scientifico che per anni è stato un po’ snobbato dalla vita intellettuale, messo ai margini dei curricula scolastici, si sta prendendo qualche rivincita e qual è l’effetto che avrà questo sulle piante?
Quali saranno le piante del 2050?
Quello che sappiamo è che grazie ai progressi incredibili ed anche inquietanti della genetica abbinati a tutte le condizioni di crescita finora non sperimentabili, non ipotizzabili, che vi ho mostrato oggi, le piante nel 2050 saranno piante nuove, che non conosciamo oggi, con nuove proprietà, nuovi gusti, che useremo in maniera nuova e diversa.
Sappiamo quindi che il 2050 sarà un 2050 delle piante e la strada che stiamo percorrendo è fatta di dati e di progresso scientifico.
Grazie.